Ad un lavoratore può capitare che nello svolgimento delle sue attività sia “costretto” ad anticipare alcune spese. Il più classico degli esempi che ci viene in mente è una trasferta di lavoro, dentro o fuori il territorio nazionale, e dunque con o senza un’eventuale permanenza per più di un giorno.
Un lavoratore professionista o dipendente ha il diritto di richiedere all’azienda o al cliente il rimborso degli importi anticipati per motivi lavorativi come appunto può essere una trasferta effettuata per motivi aziendali.
Lo strumento che viene utilizzato per la restituzione delle somme anticipate dal lavoratore è il rimborso spese. A norma di legge sono tre le tipologie di rimborso spese spettanti al professionista o dipendente. Ognuna è caratterizzata da alcune specificità che consentono all’impresa e al dipendente di scegliere la modalità che più si adatta all’esigenza.
Grazie alle varie tipologie esistenti anche il lavoratore ha quindi la possibilità di gestire adeguatamente le spese e i pagamenti che devono essere sostenuti durante la sua trasferta lavorativa.
Le diverse tipologie di rimborsi sono:
- Rimborso a piè di lista: prevede la restituzione esatta dell’intera somma di denaro anticipata dal dipendente.
- Rimborso forfettario: prevede che la somma da risarcire sia concordata a priori. Questo tipo di risarcimento è caratterizzato da determinati limiti imposti dall’azienda.
- Rimborso misto: un risarcimento che prevede in parte sia la modalità analitica che quella mista.
Il questo articolo parleremo del rimborso spese a piè di lista detto anche analitico, delle spese che è possibile richiedere e degli aspetti fiscali della richiesta di rimborso.
Quali spese riguardano il rimborso a piè di lista?
Il rimborso a piè di lista può riguardare:
- Spese sostenute per le trasferte in Italia: queste spese sono rimborsabili dall’impresa solo in presenza dei documenti emessi rispondenti alle norme fiscali vigenti. Ad esempio, la richiesta di rimborso deve essere presentata con gli scontrini fiscali relativi a consumazioni di pasti, da cui risultino chiaramente i dati del dipendente e i dati relativi alla tipologia della prestazione;
- Spese sostenute per viaggi di lavoro all’estero: queste spese si considerano idoneamente documentate se nel documento sono indicati:
– i dati identificativi dei soggetti coinvolti;
– la natura, la qualità e la quantità dei beni o delle prestazioni oggetto della transazione economica;
– il corrispettivo pagato;
– la data di effettuazione dell’operazione.
Il rimborso a piè di lista produce reddito?
Il rimborso a piè di lista non fa reddito e non va inserito nella dichiarazione di fine anno. Per quanto riguarda il rimborso spese vitto e alloggio, è possibile procedere con la deduzione fino a 180,76 euro al giorno o fino a 258,23 euro per le trasferte all’estero.
Nel rimborso spese a piè di lista per dipendenti rientrano tutte quelle sostenute nel corso della giornata, come ad esempio quelle per l’utilizzo di un taxi, per le telefonate effettuate o per le mance.
I rimborsi spese a piè di lista sono regolati da una normativa aggiornata nel 2019, la quale prevede inoltre la possibilità di comprendere anche le spese non documentate. Ai fini fiscali la deducibilità è fino a un massimo di 15,49 euro al giorno in Italia e di 25,82 euro all’estero. Fino a questo tetto non concorrono alla formazione del reddito e sono esenti dai contributi previdenziali e fiscali.