Il lavoro nero come sappiamo è una piaga davvero difficile da sradicare. In Italia il 30% delle azienda accoglie lavoratori in nero. Questi sono i numeri di un’indagine recentemente condotta dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, partendo dai dati forniti da Ministero del Lavoro, INPS ed INAIL relativi al 2014 ed alla prima metà del 2015.
Certo, una situazione piuttosto preoccupante: circa 2 milioni di professionisti ed imprese invischiate in un’economia illecita che vede le retribuzioni non dichiarate sfiorare i 42 miliardi di euro. Evasioni che riguardano imposte e contributi per 25 miliardi di euro.
Negli ultimi 2 anni si sono registrati numeri che lasciano poco scampo:
- nel 2014 i casi di lavoro in nero denunciati sono stati pari al 34,94%, con il riscontro di 77.387 irregolarità su un totale di 221.476 aziende;
- nella prima parte del 2015, il picco è leggermente sceso arrivando al 29,38%, con il riscontro di 31.394 irregolarità su un totale di 106.849 aziende.
Una curva negativa che trova quindi la giusta risposta nella maxi sanzione lavoro nero e che testimonia in maniera ineluttabile quanto le irregolarità fiscali riscontrate nelle imprese italiane rappresentino un problema davvero penalizzante per l’intero paese.
Il Governo centrale ha già introdotto varie misure tese a sostenere le imprese da una parte e a combattere la piaga del lavoro nero. Citiamo ad esempio gli sgravi contributivi concessi alle aziende per stimolare le assunzioni a tempo indeterminato.
Ma gli ultimi controlli dell’agenzia delle entrate rivelano numeri davvero sconfortanti:
- nel 90% dei controlli sulle imprese si riscontrano violazioni;
- il 6% dei casi le aziende esaminate sono regolari.
Scandagliando nel profondo dei dati raccolti dall’agenzia delle entrate possiamo vedere come le percentuali di lavoro in nero aumentano in maniera considerevole quando parliamo di medie aziende (97,9%), professionisti e piccole imprese (97,2%).
Parlando di sanzioni per la piaga del lavoro nero, ad oggi, non si considerano più le singole giornate lavorative, bensì il periodo in cui il lavoratore è impiegato irregolarmente dall’azienda; è questa una delle principali novità contenute nell’articolo 22 del provvedimento attuativo della Riforma Lavoro. Il provvedimento spiega che l’addebito penale scatta in automatico alla non comunicazione, da parte del datore di lavoro, dell’instaurazione del rapporto professionale con un collaboratore subordinato.
Ecco le multe e le sanzioni per i trasgressori:
- Oltre i 30 giorni da 1.500 euro a 9.000 euro per ogni addetto “in nero”;
- tra i 30 ed i 60 giorni da 3.000 euro a 8.000 euro per ogni addetto;
- nel caso si superino i 60 giorni di impiego “irregolare”da 6.000 euro a 36.000.
Altro elemento è la reintroduzione della diffida, che permette all’ispettore di invitare il datore alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro nero mediante la stipula di contratti a tempo indeterminato o parziale.
Uno scenario davvero poco lusinghiero questo, che di certo non mette in buona luce la realtà imprenditoriale italiana ed il lavoro dei professionisti del lavoro autonomo.
Certo, il peso fiscale che esercita l’erario italiano è da sempre spada di damocle sulla testa delle piccole e medie imprese.
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