Uno degli argomenti più discussi nell’ultimo periodo riguarda il credito d’imposta sugli affitti. In questo periodo di emergenza sanitaria il governo al fine di aiutare le imprese e i soggetti più colpiti ha emanato un decreto, definito “Cura Italia”. In particolare, all’articolo articolo 65 del decreto-legge n. 18/2020 sono state previste delle novità inerenti al credito d’imposta sugli affitti. La misura è volta ad aiutare i commercianti e gli artigiani che nel mese di marzo sono stati costretti a chiudere.
In generale, il credito d’imposta può essere considerato un beneficio fiscale che un contribuente vanta nei confronti dello stato. Quindi il contribuente anziché essere debitore nei confronti dello stato assume la veste di creditore. Tali incentivi sono utilizzati dal legislatore al fine di promuovere la competitività delle imprese italiane e la crescita della cultura e ricerca nel nostro paese. Ad esempio, è stato previsto il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, per il Mezzogiorno oppure per promuovere la cultura e il turismo, per gli investimenti pubblicitari incrementali ed anche per le spese di formazione.
In questo articolo vi parleremo delle ultime novità riguardanti il credito d’imposta sugli affitti e di chi ne può beneficiare.
A chi si spetta il credito d’imposta sugli affitti
L’articolo 65 del decreto “Cura Italia” ha riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta sugli affitti soltanto per gli esercenti di attività rientranti nella categoria catastale C1, ovvero ai negozi e alle botteghe artigiane. In tale articolo è stato previsto un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione pagato nel mese di marzo.
I morosi che non hanno pagato il canone di locazione nel mese di marzo non possono usufruire del bonus. Non possono beneficiare del credito d’imposta sugli affitti nemmeno le attività commerciali che non sono state sospese durante l’emergenza.
Come si accede al credito d’imposta sugli affitti
I negozi e le botteghe che intendono fruire di questo bonus sono tenuti a dichiararlo all’Agenzia delle Entrate. È necessario compilare il modello F24 ed inviarlo in via telematica all’Agenzia. Tale modello deve essere compilato nel codice tributo della sezione “Erario” e nella Colonna “Importi a credito compensati” e deve contenere il codice tributo “6914”.
Quindi il credito d’imposta sugli affitti può essere usato in compensazione tramite il modello F24 e non è rimborsabile.
Differenza tra credito d’imposta rimborsabile e non rimborsabile
L’ordinamento distingue due tipologie di credito d’imposta:
- Rimborsabili: si tratta di crediti d’imposta in cui è possibile chiedere il rimborso;
- Non rimborsabili: ovvero che danno diritto solo ad una compensazione o detrazione fiscale.
Il credito d’imposta rimborsabile rientra nei casi in cui il contribuente ha versato un’imposta e può ottenere il rimborso. In tal caso è possibile richiederlo tramite la dichiarazione dei redditi o con istanza. La presentazione di un’istanza può essere relativa ai versamenti diretti, alle ritenute del sostituto d’imposta e sulle imposte sui redditi (es. Ires). L’istanza di rimborso deve essere presentata in carta semplice presso l’Agenzia delle entrate.
Nella maggioranza dei casi si utilizzano i crediti d’imposta non rimborsabili. Questa tipologia di credito viene effettuata tramite il modello F24 nelle apposite colonne a credito o a debito. Un esempio di credito d’imposta non rimborsabile riguarda quello a compensazione, cioè si utilizza tale credito per scontare o azzerare le altre imposte. Nel caso dell’imposta sugli affitti si detiene un credito pari al 60% del canone di locazione già pagato.